Il 25 aprile 1987 a Barquisimeto-Venezuela, verso le tre del pomeriggio, mia madre di trentatré anni mi ha partorita. Sono l’ultima di sei figlie. Quando avevo tre anni ci siamo trasferiti in Churuguara, un paesino circondato di bellezza immerso nella catena montuosa della provincia Falcón, come recita il verso di una canzone. Lì ho trascorso la mia infanzia e parte della mia adolescenza. Avevo appena compiuto 15 anni quando sono tornata alla città dei tramonti per proseguire la mia formazione scolastica nel collegio Maria Ausiliatrice. Sono laureata come professoressa di lingua e letteratura spagnola nella UPEL-IPB.
Una mattina di marzo del 2015, all’Aeroporto Jacinto Lara, sempre a Barquisimeto, conosciuta anche come la capitale della musica dal Venezuela, lì abbracciai i miei genitori che, tra le lacrime, dichiararono il loro vero amore a pieni polmoni: «Figlia, ti porti via un pezzo del mio cuore». «Mia piccola, non dimenticare mai che questo paese è la tua casa e noi siamo la tua famiglia» e, prima di salire sull’aereo, con il pugno chiuso della mia mano destra colpii il palmo della mia mano sinistra, in un saluto alla vita che fu. Un addio ai miei cari e alla mia città.
Da oltre dieci anni l’amore mi dona una bella storia ogni giorno accanto a Paolo Todesco, il mio amato compagno e da cinque anni insieme alla sua famiglia (di cui anch’io mi sento parte) tessiamo TERRABONA e KONUCO, entrambi progetti legati alla Madre Terra. Abitiamo in mezzo a due montagne sacre: il Monte Grappa e l’Altopiano di Asiago.
Sono mamma di due bimbi splendidi, Marisla Teresa e Bastiàn Amarú. Per me la maternità è un viaggio infinito, una saggia maestra, la riconosco come archetipo della femminilità e anche come entità, perciò sono discepola della Pachamama. Poco tempo fa grazie a casaindigo una scuola di scrittura e letteratura di donne e per donne, ho scoperto tra tantissime altre cose l’intersezionalità e alla scrittrice Audre Lorde, e da lì sono riuscita a nominare la molteplicità dell’essere donna, nel mio caso mi autodefinisco: umana, donna, scrivente, artigiana, insegnante, migrante, contadina e madre. Una volta sognavo di avere successo e fare carriera, con il passare del tempo ho capito che quello era un sogno esterno, il sogno del mondo per me, diventare mamma ha dato una svolta alla mia vita, questa sfida quotidiana mi ha fatto avvicinarmi alla vera donna che sono, conduco una vita contadina, silenziosa, a volte solitaria ma piena di bellezza e saggezza. Sono rinata all’inizio (a seconda di dove la si guardi) della Valsugana/Valbrenta, sulle rive del fiume Brenta, dove la mia anima assetata trova pace. Vivo per poi morire ogni giorno e muoio per poi rinascere ad ogni alba. Credere e creare sono la mia bandiera.
Ciao a tutti, mi chiamo Beatrice, ormai per molti Skatoletta.. perché questo nome? perché è il mio nome ” d’arte “, come animatrice, ed è un nickname che mi porto appresso da quando, da adolescente, ho iniziato a frequentare il mondo del circo.